15 gennaio 2013

Il "voto utile" (al PD) è inutile: come si smonta un ragionamento antidemocratico

Nelle ultime ore si moltiplicano appelli bipartisan al "voto utile", ovvero quel "voto non dato a Pdl o Pd [che] non e' solo perso ma anche dannoso" (Silvio Berlusconi, 5 gennaio 2013) oppure il voto di "chi non sostiene il Pd, soprattutto al Senato e in alcune regioni, fa un favore a Berlusconi" (Pierluigi Bersani, LaRepubblica, 15 gennaio 2013).

Proposto massivamente nel 2008 da quel genio della politica di Uòlter Weltroni, la manfrina del voto utile sarebbe giustificata in un contesto politico connotato da bipartitismo, o più corretto bipolarismo, nel quale le astensioni, il non voto, o il voto dato a soggetti 'minori' equivale quasi ad un voto dato all'avversario, poiché sottratto allo schieramento con maggiori chances di avere successo.
La logica del voto utile serve ad eliminare il consenso verso formazioni minori, ma comunque rappresentative di istanze differenti; istanze che dovrebbero essere sacrificate in nome della vittoria sul nemico. In altre parole Berlusconi e Bersani puntano a dirottare il voto destinato a soggetti minori come Monti e Casini, oppure Grillo e Ingroia in grado di sottrarre consenso ai partiti maggiori, soprattutto nella competizione al Senato, nella logica di polarizzare i consensi attorno ai due grossi poli e favorire un cospicuo premio di maggioranza.

Per capire quanto sia sciocca questa convinzione e inutile l'appelo al voto utile basta considerare due elementi fondamentali: la legge elettorale e il quadro politico attuale.

La legge elettorale attualmente in vigore è il c.d. Procellum che prevede - oltre alle liste bloccate senza colleggi uninominali e all'indicazione del capo della coalizione (aspirante premier) - un premio di maggioranza alla coalizione vincente. Attenzione alla modalità di attribuzione del premio:
  • alla Camera vengono garantiti 340 deputati (su 630) alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti;
  • al Senato il premio di maggioranza è invece garantito su base regionale, in modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi ad essa assegnati (13 seggi su 22 in Piemonte, 27 su 49 in Lombardia, 14 su 24 in Veneto, 4 su 7 in Friuli-Venezia Giulia, 5 su 8 in Liguria, 13 su 22 in Emilia-Romagna, 10 su 18 in Toscana, 4 su 7 in Umbria, 5 su 8 nelle Marche, 16 su 28 nel Lazio, 4 su 7 in Abruzzo, 16 su 29 in Campania, 11 su 20 in Puglia, 4 su 7 in Basilicata, 6 su 10 in Calabria, 14 su 25 in Sicilia, 5 su 8 in Sardegna).
  • per accedere al Parlamento sono previste delle soglie di sbarramento: almeno il 10% dei voti nazionali per le coalizioni, il 4% per i partiti non coalizzati, alla Camera; almeno il 20% dei voti ottenuti su base regionale per le coalizioni, il 8% per i partiti non coalizzati, al Senato.
[Fonte Wikipedia, legge n. 270 del 21 dicembre 2005]

Pertanto la coalizione vincente (che riceve il maggior numero di voti) su base nazionale ottiene 340 seggi alla Camera, le altre dividono i seggi rimanenti (310) proporzionalmente ai voti ottenuti.
Analogamente al Senato: alla coalizione vincente su base regionale vengono garantiti il 55% dei seggi, mentre le altre coalizioni che abbiano superato lo sbarramento dividono proporzionalmente il restante 45%.

Alcune regioni particolarmente popolose, come Lombardia,Sicilia o Campania, sono suddivise in doppio colleggio perciò è possibile che le percentuali di colleggio non corrispondano alle medie nazionali ricevute dalla stessa coalizione e quindi al Senato si corre il rischio di non ottenere le stesse ampie maggioranze che alla Camera. [La legge Calderoli fu disegnata appositamente con questo scopo nel 2006 per volere di Berlusconi, il quale puntava a non garantire una maggioranza stabile al vincente governo dell'Unione, NdB].

La metodica del voto utile prevede di indirizzare il consenso verso il partito più grande politicamente più vicino al 'proprio' poiché considerato in grado di vincere, mentre il voto dato ai partitini equivale a sottrarre voti al partito più grande che avrebbe potuto invece vincere.

In realtà l'attribuzione dei seggi non è un gioco a somma zero, ma a somma positiva: se ci fossero solo due contendenti (Democratici e Repubblicani come negli USA) allora l'appello al voto utile sarebbe giustificato poiché un voto perso equivale a due voti in più al maggiore competitor; invece in presenza di più schieramenti un voto ai più piccoli (che permetta di superare lo sbarramento) significa un voto sottratto proprio allo sfidante, ovvero al possibile secondo classificato, poiché ne relativizza il consenso: lo sfidante deve infatti spartirsi il 45% dei seggi piuttosto che tenerli tutti per se ed avere un'opposizione più granitica.

Il secondo dato da tenere presente è il quadro politico.
L'ambizione del primo Berlusconi e, per contaminazione, di Veltroni era quella di ricreare in Italia un bipolarismo all'americana; ma in assenza di due grossi partiti si ricorse all'artificio dei larghi schieramenti: il centrodestra in alleanza con la Lega e il centrosinistra con la sinistra radicale.
Queste propaggini estreme sono state decisive nelle ultime tornate elettorali: grazie alla Lega Berlusconi mantenne senatori al Nord, oppure Prodi ottene la maggioranza grazie a Rifondazione nel 2006.
Per evitare questa dipendenza dalle 'estreme' si promosse la creazione di grossi partiti a vocazione maggioritaria come PD e PdL, nonostante la realtà sociale fosse in realtà ampiamente proporzionale prevedendo l'esistenza dei vari Mastella, Casini, Fini, Vendola, Rifondazione, ecc...

Nelle elezioni del 2008 l'appello al voto utile fu massiccio da parte del PD veltroniano nella speranza di recuperare il distacco dalla coalizione PdL-Lega, a scapito della Sinistra Arcobaleno che non raggiunse la soglia di sbarramento.

Negli ultimi 5 anni il quadro politico, piuttosto che semplificarsi, è andato arricchendosi di nuove formazioni. Il processo degenerativo del PdL ha dato vita prima a Futuro e Libertà, poi alla Lista Crosetto-Meloni, ai Fratelli d'Italia di Larussa, al Grande Sud di Micciché. La nascita del Governo Monti ha sospinto il processo di riaggregazione dei poli: il ritrovato comparaggio Berlusconi-Lega, il Grande Centro sognato da Casini (FLI-UdC-Monti), PD-SEL, Rivoluzione Civile di Ingroia (IDV-PRC-Verdi-Arancioni), il M5S di Grillo e una pletora di partituscoli come quello di Oscar Giannino, di Storace, ecc.


Queste condizioni certificano che il panorama politico-sociale italiano è fortemente frammentato in almeno 5 macro culture politiche di riferimento, e pertanto il sogno maggioritario è definitivamente tramontato a favore di un sistema proporzionale.
Per di più il governo Monti (e i suoi sostenitori) ha dato vita ad una fase costituente nella quale i governi si fanno e si disfano nuovamente in parlamento laddove si è messo mano a diritti fondamentali dei cittadini: il lavoro e le conquiste sociali sacrificate sull'altare dello spread e del fiscal compact. In questo panorama la contesa è ancora di più al centro, ovvero alla conquista del sostegno delle forze moderate.

Da ciò discendono gli appelli al voto utile.
Berlusconi cerca di recuperare consensi nel campo moderato di Monti per non permettere la vittoria a Bersani. Il centrosinistra punta al voto utile (o alla desistenza nelle regioni chiave) nei confronti di Ingroia nella speranza di essere autonomo da quel centro che si caratterizzerebbe come ago della bilancia di qualsiasi futuro governo: si muovono in questa direzione le schizofrenie di Bersani nei confronti di Monti (i ripetuti e disperati "dica con chi sta").

L'uniformità bipartisan di questi appelli dimostra già un certo consociativismo a cui tendono i maggiori schieramenti. Come è stato nel 2008, l'obiettivo non è vincere sull'avversario ma rafforzare le proprie posizioni condannando alla scomparsa alcune forze politiche e mutilando il pluralismo. Tuttavia proprio questo consociativismo dettato dal bipolarismo ha avvicinato i due maggiori schieramenti nei contenuti e nelle pratiche tanto da favorire il sorgere delle istanze di antipolitica (Grillo) o di critica radicale (Ingroia) alle forze (PD-PdL-UdC) che hanno sostenuto il governo Monti e le sue politiche da macelleria sociale.

La presenza di 5 macro aggregazioni politico-culturali è ragione sufficiente per considerare inutile il voto utile.
Da un punto di vista elettorale il superamento della soglia di sbarramento di Ingroia e una buona affermazione di Grillo costituiscono l'unico baluardo ad una ipotetica rimonta di Berlusconi: se venissero confermati i sondaggi, il PD si aggiudicherebbe la maggioranza relativa dei seggi al Senato poiché le altre 4 forze si spartirebbero il restante 45%. Anche se il PdL dovesse recuperare nelle regioni chiave, il risultato verrebbe vanificato poiché i 'piccoli' ne rosichererebbero i seggi nelle altre regioni dove il PD è forte.

Da un punto di vista politico la presenza di Grillo e Ingroia in parlamento consentirebbe maggiore autonomia nelle scelte al futuro governo Bersani: in primo luogo è facile prevedere che su alcuni temi ci possa essere convergenza di voto tra il centrosinistra e Ingroia; in secondo grado, la presenza di 'estremismi' modera molto la presenza del centro di Casini e Monti.

A meno che in campo non ci sia tanto la volonta di gestire il futuro, che è compito della politica, e tracciare la ripresa, quanto il desiderio di mantenere posizioni di potere e politiche dettate da lobby e poteri forti.


L'insistente leitmotiv di Bersani affinché ci sia un'intesa post-voto con Monti (e il precedente sostegno PD a tutte le scelte del Professore) è già ragione sufficiente per considerare inutili gli inviti al voto utile al PD.

Il voto utile ai miei simili del PD finirebbe per cancellare la rappresentanza di idee diverse. E' questo sarebbe inutile oltre che antidemocratico.


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